Le vacanze più lunghe della mia vita e che si concludono con me disoccupato alla ricerca di un praticantato che non so quando e se mai arriverà.
Comunque, bando alle tristezze ed ecco il racconto che avevo preparato per il concorso dell'Asterion sul mondo di Sine Requie ^^.
P.s. presto mi rimetterò in pari con tutti i blogger che seguivo, abbiate pazienza XD
Nell'immenso deserto del Sahara, un gruppo di tuareg era riunito
all'ombra di grandi rocce, in cerchio, come da secoli hanno sempre fatto
in quella notte speciale. I tagelmust indaco vennero smossi da un vento
freddo e cupo. Il rumore delle onde del Nilo inquieto era l'unico suono
udibile, escluso quello del tamburo cerimoniale, tetro e ipnotico.
<<
Siamo chiamati con molti nomi...>> disse l'anziano con voce
stanca. Pareva fosse una formula antica da come pronunciava le parole, i
più giovani, da poco accettati a tale riunione, pendevano dalle sue
labbra. Il corpo era rinsecchito e cotto dal sole, di una magrezza
impressionante. Sembrava impossibile che potesse muoversi o andare
ancora a cavallo. Ma i suoi occhi avevano una vitalità e un'intelligenza
penetrante e incredibile.
<< ...noi ci consideriamo uomini
liberi, per questo ci chiamiamo imajhiren. Per molti siamo null'altro
che briganti e predoni. Per coloro che sono sempre stati sedotti dalla
malsana idea che la fede sia una sola, siamo i tuareg: "coloro che hanno
abbandonato Dio". Da quando i malvagi re sono tornati dai loro sepolcri
di pietra, questo nome è stato la nostra rovina, sinonimo di caccia
senza requie, di supplizio e morte. C'attende ad ogni angolo la fine,
che venga dalle fauci degli immortali soldati o dalle lame e dal piombo
degli stolti,coloro che nella cieca adorazione di Ramses sono i veri
morti.>>
Tossì a lungo, uno dei capi tribù gli passò una
borraccia d'acqua che lui rifiutò: era un bene prezioso, in quel momento
più che mai.
<< Lascia l'acqua ai giovani e le storie ad un
vecchio. >> disse con un sorriso amaro, accarezzò la scimitarra
che teneva sopra le gambe incrociate.
<< Vi chiederete perché
parliamo in questa sera: perché è necessario che voi giovani sappiate,
che ricordiamo la nostra storia, anche se i Morti ci hanno tolto l'unico
luogo che consideravamo casa, anche se ci hanno privato del Tassili
N'ajjer. Stasera vi parlerò delle nostre origini, di come la logica
c'impedì secoli orsono d'ucciderci a vicenda. Di come la via ci venne
indicata da una donna, Tin Hinan al suono di un tamburo come quello che
questa notte suoniamo.>>
Fece una pausa, i suoi occhi fissarono tutti i presenti, con durezza ma anche paterna preoccupazione.
<<
Ma prima voglio parlarvi di qualcuno che ci protegge, dell'insperato
aiuto che ci viene offerto per grazia degli dei anche in questi tempi
bui.>>
Si fuoco quasi si spense ad una più forte folata di vento, tutti si strinsero nei loro mantelli.
<<
Prima che il mondo iniziasse a finire, prima che gli spiriti dei morti
rimanessero succubi della carne, vi fu una immensa battaglia nel
deserto, combattuta dalle grande potenza. Come ogni guerra, era inutile,
sangue dato in pasto agli spiriti maligni di tutta la terra. Solo da
tanto male poteva nascere quest'epoca di pianto e stridore di denti.
I
morti iniziarono a camminare sulla terra, senza riposo. Lottammo per la
nostra vita, contro il deserto implacabile e questi nuovi, irriducibili
nemici. Spesso avevano il volto dei nostri cari, dovremmo ergere una
corazza per i nostri cuori. Fuggimmo fra le dune del deserto, giungemmo
infine all'ombra del Nilo sperando nel riposo. Quanto ci sbagliavamo:
l'antico re erano tornato, ridestato dal suo sonno nelle piramidi, aveva
ripreso l'antico scettro del comando. Come un falso dio si era eretto,
il mondo degli spiriti s'inchinava ai suoi capricci. Il cielo s'oscurò,
il deserto ribollì, l'acqua assunse il sapore ferroso del sangue e il
cibo quello della cenere. Morimmo in molti, i più deboli, i più anziani e
molti bambini. Venimmo scacciati dai servi viventi e morti di colui che
si proclamato il re dei re. Ci venne chiesto di scegliere fra la
servitù e l'essere uccisi.
Ci preparammo dunque a morire come abbiamo sempre vissuto: liberi.>>
Di nuovo la tosse lo interruppe, passarono lunghi minuti, il tamburo continuò a suonare.
<<Ci
arroccammo nei pressi di El Alamein, fra i camion e i carri armati
distrutti, decorati dalla svastica e dalle bandiere, fra le armi
scariche e le baionette,fra le dune del deserto. Le armate dei morti
attendevano, i vivi ci schernivano con roche grida. Fu quando il sole si
tinse di scarlatto che le armate nemiche ci caricarono come un sol
uomo, con la fame negli occhi e l'odio nel cuore.
Fu in quel momento che egli apparve.>>
Egli smise di narrare, fissò il fuoco con sguardo lontano, il tamburo smise di suonare.
<<Come
uno spettro, una figura emerse in quel panorama agghiacciante. Stavo
combattendo, quando dalla sabbia vidi alzarsi due lame ed allora lo
vidi: una figura alta e ben piazzata, a prima vista mi parve vestito di
stracci. Temetti fosse uno sfortunato sfuggito nel deserto per paura
degli uomini e dei morti. Solo dopo m'accorsi che era impaludato con
pezzi di divise tedesche, italiane e inglesi,sul capo portava calcato un
elmetto nazista.
La cosa che più d'ogni altra attirava però
l'attenzione e faceva gelare il sangue era che il corpo era trapassato
da decine di baionette: si muovevano ondeggiando quasi imitassero il
movimento dei cobra.
Per alcuni secondi rimase fermo, scosso dagli
spasmi, fece qualche passo avanti. Tutto si era fermato, tutti lo
fissavano, anche i soldati immortali.
Poi scattò.
Quando si mosse
per combattere, per aiutarci, fu come assistere ad una tempesta di
sabbia, uno spettacolo al contempo magnifico e terribile. Si muoveva
come un serpente, guizzando con velocità quasi la sabbia per lui non
fosse un impedimento. Nella furia della battaglia pareva che gli spiriti
della morte camminassero al suo fianco, ricoperto di sangue divenne una
terribile cosa rossa, un uragano di distruzione. Rimasi come
prigioniero della sua danza mortale, rapito da quei movimenti, pareva
danzasse.
Mentre uccideva lo sentii gridare la sua rabbia verso il
nemico con migliaia di voci. Ridusse a brandelli i morti e ferì i vivi,
i sopravvissuti così fortunati da essere capaci di correre trasalirono
per la brutale carneficina, scossi nell'anima: i servi immortali del
loro falso dio potevano perire, lo sapevano, ma questa volta sotto i
colpi di un unico nemico.
Codardi ignobili, decisero di fuggire abbandonando i loro feriti!
Quando
le armi non cantarono più la loro musica di morte, egli rimase immoto
come un tumolo funebre, grondante di sangue e visceri. Si avvicinò ai
feriti agonizzanti con movimenti nuovamente simili a spasmi e iniziò a
divorarli. Rimanemmo pietrificati dall'orrore.
Fu in quel momento,
alla fine di quella tremenda battaglia,con le carni dei caduti fra i
denti che egli ci fissò. Tutti tremarono, temettero per le loro vite in
pericolo. Solo io rimasi impassibile innanzi al suo sguardo, quegli
occhi di colore diverso, uno nero e uno verde. Alcuni dei miei compagni
sopravvissuti impugnarono più saldamente le armi, rimasero in guardia.
Li fermai con un cenno della mano: che speranze avevamo, noi stanchi e
feriti, contro quello spirito terribile e salvifico, quella tempesta di
morte che aveva sconfitto le armate dell'antico re?>>
Il
silenzio regnava fra i presenti, alcuni dei più giovani erano
visibilmente a bocca aperta. Nessuno si muoveva da quando l'anziano
aveva iniziato il racconto. Pareva fossero ammutoliti, trattenessero
quasi il fiato. Il vecchio osservò tutti negli occhi, parve indagare i
loro cuori.
<< Egli si alzò, fece qualche passo avanti,
sembrava diretto verso i corpi dei nostri feriti. Anche se ci aveva
salvato, non gli avrei concesso quel macabro banchetto. Feci un passo
avanti. Gli urlai a gran voce che non poteva prendere i nostri morti.
Che se avesse voluto mi sarei offerto come pasto in cambio della sua
generosità. Egli non disse niente e mi indicò.
Dopo attimi lunghi
come anni, mosse le labbra in un sussurro, ma perfettamente udibile,
quasi troppe voce parlassero all'unisono. Ci concesse di portar via i
feriti, promise di impedire ai nostri morti di tornare a predarci.
C'impose di lasciare quel campo di battaglia che egli proteggeva.
"In questo luogo non si arretrerà di un solo passo, si supererà ogni difesa".
Dopo
quelle parole, iniziò a tagliare a pezzi i nostri morti, tornò poco
dopo a quei pochi feriti che provarono a fuggire.>>
Il vecchio
si alzò, tutte le sue ossa scricchiolarono, prese in mano il tamburo e
iniziò a suonarlo personalmente, tornò al suo posto d'onore e chiuse gli
occhi.
<< Per noi, da quel momento, egli è uno spirito
protettore, un ginni del deserto crudele ma benevolo. Per i servi del
falso dio è un mostro. Per noi egli è "Uno-che-è-molti". E gli rendiamo
onore in questa notte perché ci ha salvato nel momento più oscuro. E
preghiamo che trovi il riposo che un simile eroe merita e che questi
tempi bui non concedono.>>
Bentornato :)
RispondiEliminaAppena possibile leggerò il racconto, promesso ;-)
Bentornato :) Ti davo ormai per disperso ^__^
RispondiEliminaMi è piaciuta la scrittura piana e senza eccessi. La storia in sé non ha niente di particolare, ma si fa leggere senza difficoltà. Potrebbe essere benissimo il tassello di un racconto più ampio.
RispondiEliminaBentornato. Interessante la materia che hai scelto di narrare nel racconto.
RispondiEliminaGuarda che mi aspetto i tuoi commenti su Piume d'Angelo, eh? ;)
Concordo con Temistocle, la storia potrebbe essere l'inizio di qualcosa, un'introduzione.
RispondiEliminaP.S.: ci sono un paio di refusi: "Si fuoco quasi si spense" e "combattuta dalle grande potenza".