lunedì 1 ottobre 2012

Per ritornare, un piccolo racconto.

Le vacanze più lunghe della mia vita e che si concludono con me disoccupato alla ricerca di un praticantato che non so quando e se mai arriverà.

Comunque, bando alle tristezze ed ecco il racconto che avevo preparato per il concorso dell'Asterion sul mondo di Sine Requie ^^.

P.s. presto mi rimetterò in pari con tutti i blogger che seguivo, abbiate pazienza XD


Nell'immenso deserto del Sahara, un gruppo di tuareg era riunito all'ombra di grandi rocce, in cerchio, come da secoli hanno sempre fatto in quella notte speciale. I tagelmust indaco vennero smossi da un vento freddo e cupo. Il rumore delle onde del Nilo inquieto era l'unico suono udibile, escluso quello del tamburo cerimoniale, tetro e ipnotico.
<< Siamo chiamati con molti nomi...>> disse l'anziano con voce stanca. Pareva fosse una formula antica da come pronunciava le parole, i più giovani, da poco accettati a tale riunione, pendevano dalle sue labbra. Il corpo era rinsecchito e cotto dal sole, di una magrezza impressionante. Sembrava impossibile che potesse muoversi o andare ancora a cavallo. Ma i suoi occhi avevano una vitalità e un'intelligenza penetrante e incredibile.
<< ...noi ci consideriamo uomini liberi, per questo ci chiamiamo imajhiren. Per molti siamo null'altro che briganti e predoni. Per coloro che sono sempre stati sedotti dalla malsana idea che la fede sia una sola, siamo i tuareg: "coloro che hanno abbandonato Dio". Da quando i malvagi re sono tornati dai loro sepolcri di pietra, questo nome è stato la nostra rovina, sinonimo di caccia senza requie, di supplizio e morte. C'attende ad ogni angolo la fine, che venga dalle fauci degli immortali soldati o dalle lame e dal piombo degli stolti,coloro che nella cieca adorazione di Ramses sono i veri morti.>>
Tossì a lungo, uno dei capi tribù gli passò una borraccia d'acqua che lui rifiutò: era un bene prezioso, in quel momento più che mai.
<< Lascia l'acqua ai giovani e le storie ad un vecchio. >> disse con un sorriso amaro, accarezzò la scimitarra che teneva sopra le gambe incrociate.
<< Vi chiederete perché parliamo in questa sera: perché è necessario che voi giovani sappiate, che ricordiamo la nostra storia, anche se i Morti ci hanno tolto l'unico luogo che consideravamo casa, anche se ci hanno privato del Tassili N'ajjer. Stasera vi parlerò delle nostre origini, di come la logica c'impedì secoli orsono d'ucciderci a vicenda. Di come la via ci venne indicata da una donna, Tin Hinan al suono di un tamburo come quello che questa notte suoniamo.>>
Fece una pausa, i suoi occhi fissarono tutti i presenti, con durezza ma anche paterna preoccupazione.
<< Ma prima voglio parlarvi di qualcuno che ci protegge, dell'insperato aiuto che ci viene offerto per grazia degli dei anche in questi tempi bui.>>
Si fuoco quasi si spense ad una più forte folata di vento, tutti si strinsero nei loro mantelli.
<< Prima che il mondo iniziasse a finire, prima che gli spiriti dei morti rimanessero succubi della carne, vi fu una immensa battaglia nel deserto, combattuta dalle grande potenza. Come ogni guerra, era inutile, sangue dato in pasto agli spiriti maligni di tutta la terra. Solo da tanto male poteva nascere quest'epoca di pianto e stridore di denti.
I morti iniziarono a camminare sulla terra, senza riposo. Lottammo per la nostra vita, contro il deserto implacabile e questi nuovi, irriducibili nemici. Spesso avevano il volto dei nostri cari, dovremmo ergere una corazza per i nostri cuori. Fuggimmo fra le dune del deserto, giungemmo infine all'ombra del Nilo sperando nel riposo. Quanto ci sbagliavamo: l'antico re erano tornato, ridestato dal suo sonno nelle piramidi, aveva ripreso l'antico scettro del comando. Come un falso dio si era eretto, il mondo degli spiriti s'inchinava ai suoi capricci. Il cielo s'oscurò, il deserto ribollì, l'acqua assunse il sapore ferroso del sangue e il cibo quello della cenere. Morimmo in molti, i più deboli, i più anziani e molti bambini. Venimmo scacciati dai servi viventi e morti di colui che si proclamato il re dei re. Ci venne chiesto di scegliere fra la servitù e l'essere uccisi.
Ci preparammo dunque a morire come abbiamo sempre vissuto: liberi.>>
Di nuovo la tosse lo interruppe, passarono lunghi minuti, il tamburo continuò a suonare.
<<Ci arroccammo nei pressi di El Alamein, fra i camion e i carri armati distrutti, decorati dalla svastica e dalle bandiere, fra le armi scariche e le baionette,fra le dune del deserto. Le armate dei morti attendevano, i vivi ci schernivano con roche grida. Fu quando il sole si tinse di scarlatto che le armate nemiche ci caricarono come un sol uomo, con la fame negli occhi e l'odio nel cuore.
Fu in quel momento che egli apparve.>>
Egli smise di narrare, fissò il fuoco con sguardo lontano, il tamburo smise di suonare.
<<Come uno spettro, una figura emerse in quel panorama agghiacciante. Stavo combattendo, quando dalla sabbia vidi alzarsi due lame ed allora lo vidi: una figura alta e ben piazzata, a prima vista mi parve vestito di stracci. Temetti fosse uno sfortunato sfuggito nel deserto per paura degli uomini e dei morti. Solo dopo m'accorsi che era impaludato con pezzi di divise tedesche, italiane e inglesi,sul capo portava calcato un elmetto nazista.
La cosa che più d'ogni altra attirava però l'attenzione e faceva gelare il sangue era che il corpo era trapassato da decine di baionette: si muovevano ondeggiando quasi imitassero il movimento dei cobra.
Per alcuni secondi rimase fermo, scosso dagli spasmi, fece qualche passo avanti. Tutto si era fermato, tutti lo fissavano, anche i soldati immortali.
Poi scattò.
Quando si mosse per combattere, per aiutarci, fu come assistere ad una tempesta di sabbia, uno spettacolo al contempo magnifico e terribile. Si muoveva come un serpente, guizzando con velocità quasi la sabbia per lui non fosse un impedimento. Nella furia della battaglia pareva che gli spiriti della morte camminassero al suo fianco, ricoperto di sangue divenne una terribile cosa rossa, un uragano di distruzione. Rimasi come prigioniero della sua danza mortale, rapito da quei movimenti, pareva danzasse.
Mentre uccideva lo sentii gridare la sua rabbia verso il nemico con migliaia di voci. Ridusse a brandelli i morti e ferì i vivi, i sopravvissuti così fortunati da essere capaci di correre trasalirono per la brutale carneficina, scossi nell'anima: i servi immortali del loro falso dio potevano perire, lo sapevano, ma questa volta sotto i colpi di un unico nemico.
Codardi ignobili, decisero di fuggire abbandonando i loro feriti!
Quando le armi non cantarono più la loro musica di morte, egli rimase immoto come un tumolo funebre, grondante di sangue e visceri. Si avvicinò ai feriti agonizzanti con movimenti nuovamente simili a spasmi e iniziò a divorarli. Rimanemmo pietrificati dall'orrore.
Fu in quel momento, alla fine di quella tremenda battaglia,con le carni dei caduti fra i denti che egli ci fissò. Tutti tremarono, temettero per le loro vite in pericolo. Solo io rimasi impassibile innanzi al suo sguardo, quegli occhi di colore diverso, uno nero e uno verde. Alcuni dei miei compagni sopravvissuti impugnarono più saldamente le armi, rimasero in guardia. Li fermai con un cenno della mano: che speranze avevamo, noi stanchi e feriti, contro quello spirito terribile e salvifico, quella tempesta di morte che aveva sconfitto le armate dell'antico re?>>
Il silenzio regnava fra i presenti, alcuni dei più giovani erano visibilmente a bocca aperta. Nessuno si muoveva da quando l'anziano aveva iniziato il racconto. Pareva fossero ammutoliti, trattenessero quasi il fiato. Il vecchio osservò tutti negli occhi, parve indagare i loro cuori.
<< Egli si alzò, fece qualche passo avanti, sembrava diretto verso i corpi dei nostri feriti. Anche se ci aveva salvato, non gli avrei concesso quel macabro banchetto. Feci un passo avanti. Gli urlai a gran voce che non poteva prendere i nostri morti. Che se avesse voluto mi sarei offerto come pasto in cambio della sua generosità. Egli non disse niente e mi indicò.
Dopo attimi lunghi come anni, mosse le labbra in un sussurro, ma perfettamente udibile, quasi troppe voce parlassero all'unisono. Ci concesse di portar via i feriti, promise di impedire ai nostri morti di tornare a predarci. C'impose di lasciare quel campo di battaglia che egli proteggeva.
"In questo luogo non si arretrerà di un solo passo, si supererà ogni difesa".
Dopo quelle parole, iniziò a tagliare a pezzi i nostri morti, tornò poco dopo a quei pochi feriti che provarono a fuggire.>>
Il vecchio si alzò, tutte le sue ossa scricchiolarono, prese in mano il tamburo e iniziò a suonarlo personalmente, tornò al suo posto d'onore e chiuse gli occhi.
<< Per noi, da quel momento, egli è uno spirito protettore, un ginni del deserto crudele ma benevolo. Per i servi del falso dio è un mostro. Per noi egli è "Uno-che-è-molti". E gli rendiamo onore in questa notte perché ci ha salvato nel momento più oscuro. E preghiamo che trovi il riposo che un simile eroe merita e che questi tempi bui non concedono.>>

5 commenti:

  1. Bentornato :)
    Appena possibile leggerò il racconto, promesso ;-)

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  2. Bentornato :) Ti davo ormai per disperso ^__^

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  3. Mi è piaciuta la scrittura piana e senza eccessi. La storia in sé non ha niente di particolare, ma si fa leggere senza difficoltà. Potrebbe essere benissimo il tassello di un racconto più ampio.

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  4. Bentornato. Interessante la materia che hai scelto di narrare nel racconto.
    Guarda che mi aspetto i tuoi commenti su Piume d'Angelo, eh? ;)

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  5. Concordo con Temistocle, la storia potrebbe essere l'inizio di qualcosa, un'introduzione.
    P.S.: ci sono un paio di refusi: "Si fuoco quasi si spense" e "combattuta dalle grande potenza".

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