mercoledì 25 aprile 2012

Cavaliere Rosso- Secondo Capitolo


L'allegra famiglia così si divise, come ogni mattina: Adam si diresse a lavoro, al rivenditore d'auto nuove e usate Preasly, dov'era ormai da tempo impiegato del mese, uomo di punta dello stabilimento. Il resto della famiglia la prendeva con più calma, preparandosi poi per proseguire le attività della giornata: i figli a scuola, la madre alle faccende di casa.
Pochi minuti dopo che l'uomo di casa si era diretto a lavoro, suonò due volte il campanello.
<< Chi può essere? Non è da papà dimenticarsi le chiavi.>> disse Tim con tono squillante, ma con sguardo estremamente serio.
Presa la borsa, la signora Jones si avvicinò alla porta, non facendo rumore né mentre s'incamminava né mentre metteva mano alla piccola derringher.
<< Chi è?>>
<< Sono Harlan, il postino signora! E' arrivato un pacco da vostro zio Joe, nel Maine!>>
Tutti in casa tirarono un sospiro di sollievo, le armi vennero quietamente messe via. Il portalettere venne fatto entrare, gli venne offerto un bicchiere di latte e così come era venuto se ne andò per continuare il suo giro di consegne mattutine.
<<Chissà cosa vuole lo "zio".>> disse Mary con un sorriso sornione.
Pochi secondi dopo erano nella camera oscura di Adam, le porte di casa serrate come quella della stanza. Estrassero un grammofono da un nascondiglio posto nel muro, tolsero la sicura dall'apparecchio, che avrebbe altrimenti smagnetizzato e inciso ogni disco. I bambini si misero a sedere in terra.
<< E' una fortuna che i borghesi abbiano una memoria corta, non sei d'accordo compagna?>> la voce della giovane Mary parve farsi più dura  e più matura mentre parlava a sua madre, la quale con occhi di ghiaccio si voltò ad osservarla.
<< Parli sempre troppo. Adesso fai silenzio. Vostro "padre" ascolterà più tardi, quando tornerà da lavoro.>>
Il rumore della puntina sul disco era qualcosa di familiare, di nostalgico. Dopo neppure cinque secondi il suono di una orchestra permeò la stanza insonorizzata e senza finestra, l'inno sovietico. Non terminò neppure, a malapena la prima strofa. A tutti e tre parve di aver iniziato nuovamente a respirare dopo una lunga apnea. La voce calma del loro superiore, Grigor Efajistoski iniziò a parlare.
<<Compagni, sono onorato di portarvi i gloriosi complimenti del compagno Stalin. La vostra missione, insieme a quella di altri è un faro di luminosa speranze per il popolo tutto.>>
L'inizio pareva riecheggiare l'inno dell'unione.
<< Sono molte le informazioni riservate che vorrei darvi, ma il mezzo non è sicuro a livelli accettabili. Sappiate che la vostra unità è un vanto per il partito, mentre le altre squadre no. Ancora non abbiamo notizie di nessuno dei bersagli principali: nulla su Lord Thule, su Carnifex o Orochi.
Adesso però passiamo agli ordini: abbiamo saputo che ieri è avvenuto qualcosa alla base militare di Roswell, un misterioso ritrovamento, subito smentito. Alcuni qui alla Lubjanka credono sia stato trovato davvero un essere d'altri mondi. Credo invece si tratti di un nuovo tipo di arma satellitare. Probabilmente gli scienziati nazisti fuggiti sotto l'ala americana hanno fornito i progetti dei V2 come i nostri. E' imperativo comprendere a che punto siano i loro progetti. E impedirli. Se fosse necessario, siete autorizzati all'uso della forza letale anche su scala cittadina. Mi aspetto entro un mese un vostro rapporto. E ricordate, cari compagni: la Lubjanka è l'edificio più alto di Mosca perché dal suo tetto si vede la Siberia.>>
Il terzetto deglutì non poco alla, neppure troppo velata, minaccia.
****
Quella mattinata Adam avrebbe dovuto parlare con il colonnello Phelps per vendere, a prezzo scontato ovviamente, una partita di automobili per i militari e le loro signore. Giù si strofinava le mani pensando all'affare e alla possibilità in futuro di essere invitato, dopo aver fatto amicizia con l'ufficiale, alle feste alla base.
<<Adam? Ti vuole il capo nel suo ufficio.>>
Era ancora perso fra i suoi pensieri quando sentì un tremendo schianto. Di fronte al Preasly  Car Park c'era appena stato un incidente. Nonostante la curiosità, si avviò immediatamente.
Andrew Preasly era seduto dietro la scrivania, stava cercando inutilmente di smacchiare la propria camicia da una macchia di gin.
<< Ah, ciao Adam. Ti stavo aspettando.>>
Si diedero la mano, il vecchio fece cenno all'altro di mettersi a sedere. Dalla finestra si notava la confusione dell'incidente. Pareva che un automobilista avesse investito un pedone. Già un piccolo capannello di persone si era radunato lì intorno.
<< Davvero, dovevate dirmi qualcosa?>>
<< Certo, volevo parlarti dell'affare col generale Phelps.>>
<< Sono tutt'orecchi.>>
<< Non si farà. Il colonnello ha da fare, oggi non verrà. E da come l'ha detto ho dubbi sul fatto che lo farà mai.>>
Adam sorrise al suo capo, accavallò la gamba destra.
<< Diavolo, proprio una sfortuna.>> disse, fingendo indifferenza. Se il vecchio Preasly non avesse avuto da fare con l'accendino per accendersi la sigaretta avrebbe notato le nocche bianche della mano destra.
Fuori intanto un poliziotto, giunto sul luogo dell'incidente si avvicinò all'automobilista. Lo osservò con attenzione, gli intimò di uscire senza risultato. Aprì la portiera della macchina e strattonò fuori l'ubriaco.
Adam era ancora irato al pensiero dell'affare perso e trasalì all'urlo disumano che sentì poco dopo. Immediatamente allungò la mano verso il piede, alla pistola nascosta alla gamba. Immediatamente guardò fuori dalla finestra, lo sguardo diventato serio.
<< Che succede?>> chiese Preasly, guardando all'esterno, incuriosito.
L'uomo che aveva causato l'incidente era ricoperto di sangue su tutti i vestiti, eppure non sembrava ferito. Il poliziotto accanto a lui cadde, scosso dai fremiti, la gola squarciata. La folla urlò in preda all'orrore. Il volto dell'automobilista era pieno di sangue. Mentre gli uomini e le donne fuggivano intorno a lui, s'avventò prendendo una donna alle spalle, iniziò a morderla alla gola.
Preasly strabuzzò gli occhi.
<< Che diavolo succede?>>

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